Penso che oggi sia il giorno buono per mettere a frutto i miei studi giovanili di Scienze Politiche e lasciare a riposo quelli di Economia. Voglio, in altre parole, provare a riflettere sulle dinamiche politiche messe in movimento dalla costituzione di un governo filoeuropeo in Grecia e dagli effetti che ciò potrà avere nel quadro di forte anti-europeismo che accomuna, certo con intensità diverse, tutti gli altri governi, la Commissione europea, la banca centrale.
0. Definizione
Definisco filoeuropeo qualunque gesto, dichiarazione, atteggiamento, persona e istituzione che appoggi il processo di passaggio dei poteri degli stati nazione da sé stessi verso le istituzioni europee esistenti, in via di costruzione, o in fase di progetto. Definisco antieuropeo l’opposto.
1. Perché parlo di forte anti-europeismo dei governi europei e delle istituzioni europee, cioè commissione e banca centrale?
Per partire con il piede giusto in questa analisi sarà bene ricordare che l’ultimo dei grandi presidenti di una Commissione filoeuropea fu Romano Prodi. Dal 2005, cioè con l’arrivo di Barroso alla presidenza della Commissione, ebbe inizio un periodo di attacchi crescentemente violenti a tutto ciò che è europeo: attacchi promossi e condotti dalle élites politiche nazionali, interessate ad avviare un processo di indebolimento del concetto di ‘Europa’ e di parallela rinascita di quello di ‘stato’ (stato nazione, diciamo noi più correttamente). Espressioni del tipo ‘sono gli stati che debbono decidere’ divennero sempre più frequenti, e con esse crescevano, ovviamente, movimenti di destra e xenofobi, l’Euro veniva progressivamente ad essere presentato, in particolare in ambienti di destra apparentemente qualunquista ma fortemente nazionalista e xenofoba, l’emblema della disfatta economica dell’Unione e, più spesso che no, la causa stessa della disfatta economica. Il 2005 segna dunque lo spartiacque tra quel sentimento filoeuropeo che si era andando diffondendo e rafforzando dopo la seconda guerra mondiale e quello opposto, che è certamente maggioritario tra i governi nazionali e le istituzioni. Non ho il tempo materiale per produrre e suggerire una bibliografia, ma invito tutti a, per esempio, contare quanti governi filoeuropei ci fossero in Europa nel 1999 e quanti, per esempio, nel 2010.
2. L’antieuropeismo della Banca Centrale
La manifestazione più recente dell’antieuropeismo è quella fornita dalla Banca Centrale Europea il 22 gennaio 2015. Si noti che qui non è in discussione se il cosiddetto quantitative easing sia cosa buona o cattiva per la lotta alla deflazione e la ripresa economica in Europa (è sostanzialmente irrilevante per l’economia reale, famiglie e imprese, e molto profittevole per le banche e gli altri intermediari finanziari). Piuttosto, vogliamo capire se per realizzarla sia stato adottato un metodo filo- o antieuropeo. La risposta al quesito è semplice: la scelta è nettamente antieuropea, cioè a favore degli stati nazione, avendo il consiglio direttivo della BCE deciso che l’acquisto del debito dei governi nazionali è essenzialmente un problema delle ‘banche centrali nazionali’, così che l’assunzione del rischio associato all’acquisto di quei titoli non sarà condivisa (è bene notare che solo il 20% degli acquisti aggiuntivi da parte della BCE sarà soggetto a un regime di ripartizione del rischio).
3. L’antieuropeismo dei governi
La scelta antieuropea più importante dei governi europei si sostanzia nella scelta delle politiche di austerità operata nel 2009 e mantenuta a tutt’oggi. Di nuovo: non stiamo discutendo se l‘austerità sia o meno una strategia per la crescita e l’occupazione (non lo è). Qui discutiamo del modo in cui i governi richiedono che l’austerità venga realizzata: paese per paese, dicono, ogni paese è responsabile del debito del proprio governo. È giusto che sia così, è ingiusto? Non importa, è antieuropeo nella misura in cui rialloca ai governi nazionali la realizzazione della politica condivisa all’unanimità.
4. La rottura dell’unanimità
Con la formazione del governo Tsipras si rompe l’unanimità dei governi europei. È una rottura importante, perché è la prima volta che uno dei governi dell’Unione Economica e Monetaria si dichiara apertamente contrario all’austerità e, soprattutto per quel che conta qui, alla logica del ‘ciascuno per sé’. Un governo su diciannove, e addirittura quello di uno dei paesi più piccoli dell’UE. Ma questa non è una partita di pallacanestro, 18-1 è un risultato molto, molto diverso da 19-0. Perché?
Perché ora occorre trattare; perché ora i gruppi politici e sociali filoeuropei hanno un punto di riferimento istituzionale; perché le minoranze nei parlamenti nazionali, gli intellettuali, molti sindacati nazionali nei paesi membri possono essere ‘sentiti’ a livello dei governi e delle istituzioni europee.
Ma, inaspettatamente (almeno per me), anche perché si mettono in moto reazioni da ambienti insospettati: il Presidente degli Stati Uniti dichiara che il suo governo è pronto a … il Governatore della Banca Centrale inglese dice che l’austerità … Reazioni che presumibilmente spiazzano i governi europei, e che rappresentano una spinta in più a trattare: presumo sia piuttosto umiliante per il primo ministro di un governo UEM vedersi scavalcato da istituzioni extra-UEM che aprono direttamente ad un governo UEM (o forse, no, chi sa: l’umiliazione è sentimento che si prova o meno a seconda di quali siano i propri valori). Ma, umiliati o no, sull’austerità debbono trattare. L’unanimità tipica delle dittature è rotta.
5. Conclusioni e previsioni
E allora, chiede qualcuno, concretamente cosa ci aspettiamo? Come alcuni sanno, ‘concretamente’ è avverbio che aborro (o aborrisco, a scelta del lettore) – e che quindi non uso. Quello che ci aspettiamo è la fine progressiva della unanimità dei governi dell’austerità; ci aspettiamo che il primo ministro Tsipras avvii un processo di costruzione di alleanze con i meno austeri tra i suoi colleghi, primo ministro italiano in primis, mi dicono; aspettiamo i risultati delle elezioni in Spagna; aspettiamo di vedere se la BCE onorerà il suo impegno a cominciare a comperare titoli del debito greco a luglio, aspettiamo che Juncker …
Lo scienziato politico, obiettivo e super partes, ha finito. Adesso parla l’economista: ci aspettiamo un’uscita graduale dalla stagnazione di lungo periodo in cui l’austerità ha cacciato scientemente e inutilmente il popolo greco e, in misura meno sanguinaria, tutto il popolo europeo. Certo è, però, che gli austeri cercheranno di farla pagare cara al governo e al popolo greco….