A proposito di Jackson Hole e di politiche per la crescita: ve lo diciamo da anni!

 

Ho scritto la prima parte di questo pezzo il 30 agosto, ma non ho potuto pubblicarlo prima di oggi, giorno in cui il governo degli Stati Uniti ha pubblicato i dati sui posti di lavoro in essere in quel paese nel mese di agosto. Ciò rende la parte previsiva del pezzo, quella finale, un poco datata, per cui ho deciso di pubblicarlo comunque con un post scriptum di oggi.

Il quesito ufficiale e quello nella testa dei ‘mercati’

Da anni ormai, alla fine di agosto, la Federal Reserve Bank di Kansas City organizza un incontro dedicato alla discussione di tematiche relative alla politica monetaria, ai suoi strumenti, alla loro efficacia. Quest’anno Il tema della discussione era “Designing Resilient Monetary Policy Frameworks for the Future”. Tema importante, la cui scelta ci informa che, evidentemente, nei luoghi frequentati dai potenti della moneta, comincia a serpeggiare qualche dubbio che il “monetary framework” attuale sia adeguato all stato dell’economia e alla sua crescita. Realizzazione, questa, che non può che fare piacere a chi, come chi scrive, ripete da anni che le politiche fatte di quantitative easing e tassi negativi non sono minimamente adeguate a contrastare la stagnazione secolare in cui l’Europa si è già infilata e di cui tutto il mondo comincia a soffrire.

DIscussione, quindi grande spazio a ricercatori e accademici. Ma quel che il ‘pubblico’ nella forma dei giornalisti presenti vuol sentirsi dire ė quali saranno le politiche adottate dalla Banca centrale federale. Giusto, tutti noi risparmiatori siamo alla ricerca di informazioni che possano aiutarci ad evitare errori madornali nell’allocare i nostri risparmi, cosį come lo sono tutte le banche, i fondi comuni di investimento, gli hedge funds, le grandi e le piccole imprese. E dunque anche quest’anno il quesito a cui tutti cercavano una risposta era, guarda un pò, il solito: ma il Federal Open Market Committee ha o no intenzione di alzare il tasso di sconto di policy? Stessa identica domanda da anni, in un crescendo di ansia generalizzata. Allora, stavolta lo alzerà, questo tasto di sconto?

Anzitutto, perché il quesito ufficiale è rilevante?

Dal 2008 il dibattito di politica economica si ė imbastardito molto rispetto al patrimonio teorico e di evidenza empirica che la professione aveva accumulato a partire dalle lezioni impartite dalla Grande Depressione iniziata nel 1929 negli USA. In breve, l’equilibrio nell’uso di politica fiscale di politica monetaria come strumenti anticiclici si è alterato dal 2008 a favore della sola politica monetaria, dapprima e in modo radicale nell’Europa Austera e diffondendosi poi negli ambienti politici di quasi tutti i paesi ad alto reddito pro capite. La cultura economica è venuta cambiando talmente tanto che le chiacchiere infondate sulla capacità delle banche centrali di ‘rilanciare la crescita’ sono diventate il pane quotidiano condiviso da politici, giornalisti, frequentatori abituali di bar malfamati. Gli sforzi di Mario Draghi per spiegare che mai e poi mai la BCE potrebbe farcela a ‘rilanciare la crescita’ si rivelano inutili da anni, ovviamente (ricordiamo per inciso che, altrettanto ovviamente, la politica monetaria non ce la fa neanche a generare uno straccio di inflazione, figuriamoci la crescita!).

Il quesito è rilevante perché, si ricorderà, i tassi di interesse di policy, così come i rendimenti di migliaia e migliaia di miliardi di obbligazioni governative, sono da tempo prossimi allo zero e spesso negativi. Ma questi tassi, che la mitologia ad usum delfini dei liberi mercatari vuol far credere che prima o poi stimolerà gli investimenti, e di conseguenza occupazione e ritorno alla crescita non si sono mostrati all’altezza di tanto compito: e ormai tanti parlano di stagnazione secolare.Che la politica monetaria usata come stimolo per prezzi e attività produttiva non avrebbe funzionato, lo diciamo da anni.

Come ė andata, dunque, questa discussione? Riporto qui di seguito la valutazione di Lawrence Summers, uno dei primi economisti a mettere in guardia i politici contro i pericoli di una stagnazione secolare che lui vedeva già in atto nel 2013:

“On balance though, I am disappointed by what came out of Jackson Hole — judging by press reports since I was not there.

First, the near-term policy signals were on the tightening side, which I think will end up hurting both the Fed’s credibility and the economy.

Second, the longer-term discussion revealed what I regard as dangerous complacency about the efficacy of the existing tool box.

Third, there was failure seriously to consider major changes in the current monetary policy framework.”

Dunque, scarsa attenzione prestata alla necessità di pensare, e adottare, cambiamenti sostanziali alla politica monetaria corrente; sottovalutazione della inefficacia degli strumenti utilizzati negli ultimi anni; e infine, segnali di rialzo dei tassi, che Summers ritiene una mossa pericolosa tanto per  la credibilità della FED che per l’attività economica.

Il messaggio atteso “dai mercati”

Chiarito che esso va in direzione opposta a quella auspicata da Summers, il messaggio atteso dai “mercati” ė stato lanciato in modo forte e chiaro o, quantomeno, in maniera assai meno ambigua di quanto non sia avvenuto nei passati due anni. Ė stato detto con chiarezza che entrambi gli obiettivi principali assegnati alla FED dal proprio statuto, e cioè tasso di inflazione al 2% e piena occupazione, sono ormai in vista, il che implica nella valutazione della FED che un aumento del tasso sui Federal Funds non avrebbe effetti negativi pesanti sull’economia ma aiuterebbe a ristabilire condizioni di ‘normalità’ sui mercati finanziari. Un aumento potrà non essere imminente ma, certamente, è più prossimo di quanto non sia stato finora.

E allora?

E allora mi aspetto un apprezzamento del dollaro USA, lento ma di lunga durata. Me lo aspetto in particolare rispetto al’Euro, vista la politica di allagamento monetario e tassi negativi della BCE, ma anche rispetto allo Yen. Questa ‘lentezza’, questa cautela dei traders, ha ovviamente solide ragioni. La prima è che si attende la pubblicazione dei dati sulla creazione di nuovi posti di lavoro nel mese di agosto: se,a parità di tutte le altre condizioni, questi dovessero essere stati molti, o comunque più di quelli attesi, la probabilità di un rialzo dei tassi aumenterebbe notevolmente. La seconda fonte di cautela è lo stato della campagna elettorale per la presidenza a soli due mesi dalla conclusione. Ma di questo avremo modo di parlare.

Post Scriptum, 2 settembre

Ci si attendeva un aumento di occupazione per 180mila unità, è stato di 151mila; tasso di disoccupazione fermo al 4,9%; salario medio +1,1% mese su mese. Tutto bene, dunque, anche se un pochino sotto le attese. Ma è quel ‘pochino’ che valida la cautela dei traders e non consente di dire che si, la crescita è forte, la FED può aumentare i tassi giá quest’anno, forse addirittura a settembre.

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