Premessa
Nel rispondere ad un quesito posto ad alcuni economisti dal Sole 24 Ore, e cioè “15 anni di euro hanno fatto più bene o male all’economia italiana?”, ho espresso l’opinione che la risposta sia “più bene”. Riporto qui il testo per comodità di chi sta leggendo.
****** Inizio del pezzo scritto per il Sole ******
Il punto di partenza. Per poter rispondere in maniera soddisfacente e stimolante occorre porsi due quesiti distinti:1. Quanto bene, o quanto male, ci saremmo fatti, non adottando l’Euro? 2. Cosa avremmo potuto fare per ‘raddrizzare la barca’ dopo la crisi del 2007?
- Quanto bene, o quanto male, ci saremmo fatti, non adottando l’Euro?
Lo chiamiamo ‘il controfattuale’, vale a dire lo scenario che si sarebbe verificato se non avessimo fatto la scelta che abbiamo fatto. Chi può, provi a ricordare quegli anni, la prima metà degli anni novanta. Inflazione tra il 15% e il 20%, redimenti dei buoni del tesoro idem, deficit pubblico al 10,6% nel 1992, nessuno al mondo che desse a prestito al nostro governo a condizioni ‘normali’. Il Paese non aveva più reputazione sui mercati finanziari internazionali, e questa reputazione ce la andammo a cercare nel rapporto con i nostri partners europei. Che cosa sarebbe successo, dunque, se avessimo rifiutato l’Euro? Il disastro.. Esempi di risultati catastrofici che hanno pesato su Paesi in condizioni simili alle nostre di allora non mancano, ed è inutile rigirare il coltello nelle loro piaghe nominandoli di nuovo.
- Cosa avremmo potuto fare per ‘raddrizzare la barca’ dopo la crisi del 2007?
Sarà bene che le persone in buona fede ricordino che tra il 2000 e il 2007 le cose non andavano male neanche in Italia. Lo shock venne nel 2007 e non per via dell’Euro, come è arcinoto. Da allora la situazione è venuta peggiorando ma, guarda caso, non per tutti i Paesi membri e non per tutti allo stesso modo. Gli anti-Euro nostrani faranno bene a ricordare che UN problema abbiamo avuto in questa vicenda: la caduta costante della produttività delle nostre imprese. È la produttività ciò che le nostre imprese non sono state in grado di far crescere a ritmi tedeschi, ciò che andava fatto comunque, Euro o non Euro: ma lo vogliamo ricordare che il nuovo marco tedesco, introdotto nel 1948 e vissuto fino alla fine del 1998, non è stato MAI svalutato?
Cosa avremmo potuto fare post-2007? Ripeto sin da allora: sarebbe stato sufficiente copiare gli Stati uniti, disavanzi pubblici per minori entrate e maggiori spese, e politica monetaria espansiva, altro che la scelta criminale dell’austerità. Ricordiamolo, i governi nazionali contano poco o nulla nell’UEM, e la logica delle vergini vestali del bilancio in pareggio non è stata sfidata abbastanza. Ma, in fondo, tutti hanno visto che fine è stata fatta fare al popolo greco, e la paura è comprensibile se non giustificabile.
In conclusione: sono contento della scelta di entrare nell’Euro, proprio perché mi terrorizza l’idea di che cosa ci sarebbe successo con la crisi del 2007 se avessimo avuto un governo e una banca centrale indipendenti…
****** Fine del pezzo scritto per il Sole ******
La proposizione scorretta è quella scritta in rosso, ma riporto tutta la frase per ragioni che chiarirò tra un minuto:
[..] la prima metà degli anni novanta. Inflazione tra il 15% e il 20%, redimenti dei buoni del tesoro idem, [….] nessuno al mondo che desse a prestito al nostro governo a condizioni ‘normali’.
La proposizione errata è evidentemente stata corretta non appena ce ne siamo resi conto, ma è chiaro che non basta correggere, occorre discutere l’errore. Ora, per farlo, partirò da un insegnamento che ho tratto da questa vicenda e che voglio condividere. Eccolo: esistono due tipi di lettore, quello che assume la buona fede di chi scrive, e quello che ne assume la malafede. Una spiegazione delle modalità con cui l’errore è stato generato non interessa a nessuno: il lettore che presuma cattiva fede non accetterà infatti alcun tipo di spiegazione, mai, che non sia di supporto alla tesi secondo cui c’è stato dolo; un lettore che presuma la buona fede, invece, scrive all’autore e gli fa notare l’errore, oppure pensa: ‘approssimativo, questo pezzo, ma che sta dicendo questo autore’.
Convinto della inutilità di ‘spiegare’ l’errore, presento anzitutto le mie scuse sentite a tutti i lettori che mi leggono con in testa la presunzione di buona fede. E passo però subito a discutere i due quesiti importanti per la critica del pezzo:
1. Come va ammendata la frase errata perché essa rifletta la realtà delle cose, cioè gli andamenti dei tassi e dell’inflazione in quel periodo? E 2. Quanto soffre la ‘prova’ della tesi espressa nel pezzo se alla proposizione errata si sostituisce quella ‘corretta’?
1. Errata: […] la prima metà degli anni novanta. Inflazione tra il 15% e il 20%, redimenti dei buoni del tesoro idem, […]
1.1 Corrige 1: […] la prima metà degli anni ottanta. Inflazione tra il 15% e il 20%, redimenti dei buoni del tesoro idem.
1.2 Corrige 2: [..] la prima metà degli anni novanta. Il 7 e il 6,5%. redimenti dei buoni del tesoro ordinari prossimi al 15% nel 1992 e al 14% nel 1995.
Ora, va chiaramente lasciato al lettore scegliere quale delle due soluzioni alternative accettare. Io posso solo dire che sono entrambe migliori dell’originale, e passo al secondo quesito.
2. Quanto soffre la ‘prova’ della tesi espressa nel pezzo se alla proposizione errata si sostituisce quella ‘corretta’?
Questo è il quesito vero, ora che la verità dei fatti è stata ristabilita. Di nuovo: il lettore che ha assunto malafede e dolo dirà che la tesi non regge più, che ‘crolla tutto’; il lettore che ha assunto buona fede, invece, troverà che l’opzione 1 rafforza la tesi: Maastricht fu firmata nel 1992, e dunque gli anni in cui montavano le preoccupazioni, insieme all’inflazione e ai tassi, erano quelli precedenti. Per ripetermi, la tesi ne esce rafforzata. L’opzione 2, invece, indebolisce la tesi, di poco o nulla rispetto ai tassi, di più rispetto all’inflazione.
Dopo queste ulteriori riflessioni, e dopo aver chiesto scusa ai lettori che assumono buona fede da parte mia, sono più che mai contento di essere in Unione Economica e Monetaria.
PS: deprezzamento e svalutazione sono due cose diverse.
Gentile Professor Sdogati,
in questo suo intervento (2014), https://www.youtube.com/watch?v=mpnSJK_NLss, ripete esattamente la baggianata dell’inflazione a due cifre (19-20%, min 42.38) per l’anno 1992. Come è possibile? Come può un lettore accettare ciò che scrive, quando è chiaro che l’errore non è affatto un errore ma un’idea ben radicata ed offuscata da un pensiero ideologicamente influenzato?
Nel Capitale, Marx sintentizza il concetto di’ideologia nella frase “Die wissen das nicht, aber sie tun es” cioè “essi non sanno di far ciò, ma lo fanno”. Forse che Lei non sapeva di sconoscere dei dati evidenti e che adesso si stia dipanando per ritrovare la strada della sua ideologia perduta, e continuare a far ciò che ha sempre fatto?
Buon lavoro.
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Devo essere sincera prima pensavo alla buona fede dell’errore ed ad un comportamento un po’ approssimativo, dopo questa precisazione dell’autore penso che il comportamento è stato approssimativo e neanche poco perché dettato da mala fede.
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Ma se Maastricht fu firmata nel 1992 e l’inflazione era già rientrata e sotto controllo nella seconda metà degli anni ’80, è difficile associare la sua discesa a un evento che sarebbe successo 7 anni più tardi, e ancora di più all’euro, adottato nel 2002.
Il marco non ha mai svalutato finché è diventato euro e lì la Germania se ne è avvantaggiata e infatti il suo surplus ha preso il volo (con una moneta più debole che ad esempio ha molto svalutato di recente rispetto al dollaro senza gli effetti catastrofici da lei paventati).
Non vi è ombra di dubbio invece che la Germania abbia tratto beneficio dalla sua politica di stampo mercantilista (grazie all’euro indebolito dai paesi periferici e dalle vergognose riforme Hartz) basata sull’export. Quindi, non ho capito bene: lei sarebbe a favore del mercantilismo ma contro l’austerità: le paiono conciliabili le due posizioni? Ritiene che il modello mercantilista tedesco sia replicabile da tutti i Paesi (o almeno in tutti quelli EU)?
Senza contare che è proprio la Germania che è proprio ad imporre l’austerità che lei critica.
Sull’indipendenza della banca centrale: è una coincidenza che dopo il “divorzio” il debito è più che raddoppiato percentualmente?
E comunque il problema fondamentale delle sue tesi, sia riguardo la moneta unica che l’indipendenza delle banche centrali, a mio parere, è che non tengono in alcun conto la perdita di democrazia. Se anche i cosiddetti mercati e l’euro facessero bene (e non lo fanno) è un bene porre decisioni economiche di tale importanza “al riparo dal processo elettorale”?
Sinceramente ho l’impressione che l’errore sui dati sia stato funzionale a dimostrare qualcosa che non è dimostrabile con dati esatti e che tutto il resto dell’articolo sia peggio di quella che potrebbe anche essere stata una svista.
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Professor Sdogati, ho visto casualmente su Youtube alcune delle sue lezioni; condivido le sue analisi in pieno; siamo in una triste epoca di irrazionalismo e dogmatismo economico nell’interesse di una classe ristretta; le sue argomentazioni sono molto preziose; complimenti e continui così.
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