Brexit: può il tasso di cambio bastare a correggere gli ‘shock’ della Brexit?

di Daniele Langiu

Il 13 ottobre scorso il Professore Sdogati e io abbiamo scritto delle politiche del lavoro del governo UK e del primo effetto registrato sul mercato dei cambi: un evidente deprezzamento della sterlina rispetto al dollaro (da inizio anno la sterlina è diventata la seconda peggior valuta mondiale in termini di deprezzamento rispetto al dollaro). Avevamo inoltre riportato che qualcosa aveva cominciato a muoversi sul fronte dei prezzi: i grandi fornitori internazionali dei supermercati alimentari britannici hanno iniziato a chiedere aumenti sostanziali dei prezzi per neutralizzare, almeno in parte, il deprezzamento della sterlina. È del 24 ottobre scorso, la notizia che anche alcune società tecnologiche hanno deciso di aumentare i prezzi dei servizi che offrono, a fronte del forte deprezzamento della sterlina; il Financial Times riporta che Dell e Apple hanno confermato un aumento dei prezzi del 10%, che è stato trasferito ai distributori di prodotti elettronici. Aspetto interessante è che i direttori delle società tecnologiche si sono ‘lamentati’ dell’aumento dei costi lungo la ‘supply chain’.

In questo articolo voglio mostrare quanto le imprese del Regno Unito ‘partecipino’ alle catene globali di produzione e, quindi, siano esposte anche agli effetti negativi del deprezzamento della sterlina, cioè all’aumento dei prezzi di materie prime e semilavorati importati.

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