Il disaccoppiamento è arrivato a compimento: la Cina formalizza la sua reazione alle politiche protezionistiche Usa

20 11 07

Daniele Langiu, daniele.langiu@gmail.com

Fabio Sdogati, sdogati@mip.polimi.it

Sommario

Nel ‘vecchio’ modello di divisione internazionale del lavoro Usa-Cina, la domanda Usa di prodotti cinesi generava un saldo di bilancia commerciale cinese positivo e crescente, i cui proventi andavano a finanziare il debito Usa. Un modello chiaramente cooperativo. Nel 2016, in vista delle elezioni Usa, il lancio del programma Make America Great Again intendeva ribaltare questa situazione: certamente con il MAGA si voleva ribaltare il segno del deficit commerciale Usa verso la Cina, e si chiarì progressivamente che questo andava fatto ‘riportando a casa American jobs’. Nulla si diceva di come si sarebbe finanziato il debito pubblico, ma questo doveva essere, e in effetti vediamo oggi che lo è diventato, il problema della banca centrale Usa. Ciò che non si è avverato è la tendenza all’azzeramento del deficit commerciale. Che questo non sarebbe avvenuto lo avevamo previsto, insieme a Francesco Morello, in una serie di articoli.

           Ciò cui non avevamo prestato attenzione era la possibile reazione cinese. Abbiamo sì documentato il ricorso crescente degli importatori Usa a mercati di approvvigionamento alternativi a quello cinese, e abbiamo parlato anche esplicitamente di disaccoppiamento, ma lo abbiamo fatto pensato ad una Cina che avrebbe reagito lentamente, quasi ferma sul piano della reazione politica; e abbiamo prestato anche attenzione al dibattito sulla Belt and Road (nota come ‘via della seta’ in Italia). Ma alla fine di ottobre 2020 la reazione è arrivata: annunciata certo nei mesi scorsi, discussa sempre in quel modo un po’ misterioso che i giornalisti e i commentatori usano quando parlano di cose cinesi, oggi essa è annunciata in occasione del XIX Comitato Centrale del Partito, il quale la sostanzierà nel XIV Piano quinquennale per il periodo 2021-2025.

Con questo articolo vogliamo illustrare le caratteristiche della reazione cinese; quindi, quello che abbiamo definito ‘disaccoppiamento completato’. Per quanto se ne sa, ovviamente, perché il Comitato Centrale si è appena concluso, perché il XIV Piano quinquennale non è ancora consolidato in un documento finale (neanche in mandarino), perché le fonti sono ancora poche e tutte giornalistiche. Il primo paragrafo illustra rapidamente l’essenza cooperativa del modello 1990-2016; il secondo ricostruisce il pensiero dominante sul futuro del capitalismo e delle relazioni internazionali all’indomani del crollo dell’Unione Sovietica nel 1991; lo scopo di questo paragrafo è fornire il modello di riferimento per evidenziare poi l’assetto ideologico e geopolitico emerso a partire dal 2013 con l’annuncio della strategia Belt and Road, passando attraverso il programma MAGA di parte statunitense. Il terzo paragrafo delinea le caratteristiche salienti della nuova strategia cinese nel gioco in cui sono impegnati i due giocatori.

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Commercio estero in un mondo tripolare

20 05 03

Daniele Langiu, daniele.langiu@gmail.com

Fabio Sdogati, sdogati@mip.polimi.it

Obiettivi e struttura

Negli ultimi mesi Daniele Langiu, Francesco Morello ed io siamo venuti lavorando ad una idea che potremmo riassumere così: è possibile sostenere che l’adozione dell’iniziativa politica Belt & Road da parte della Cina (2013) e poi la politica protezionistica nota come Make America Great Again adottata dall’Amministrazione Trump (2017) abbia generato un inizio di disaccoppiamento tra le economie cinese e nord-americana?

Sulla base dell’evidenza che siamo riusciti a raccogliere fine ad ora, non è irragionevole assumere che la risposta a entrambi i quesiti sia positiva, e poniamo il quesito ‘successivo’: l’Unione europea risente di questo processo? In chiaro: la nostra economia mostra segni di attrazione verso un polo o verso l’altro? O mostra segni di indipendenza dalle politiche adottate da ciascuno dei due poli?

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La grande recessione: 2008-20??. Il ruolo delle catene globali di produzione nella trasformazione del modello di creazione del valore

di Daniele Langiu, Francesco Morello e Fabio Sdogati

Sono ormai passati quasi sei anni dal famoso 9 agosto 2007, giorno in cui BNP Paribas ha annunciato la mancanza di liquidità di tre dei suoi fondi di investimento, motivando tale scelta come la conseguenza necessaria della scarsa liquidità in certi segmenti del mercato delle cartolarizzazioni statunitensi che rendeva impossibile valutare correttamente certi titoli. Quest’annuncio, che ha segnato l’inizio della crisi finanziaria statunitense, si è trasferito presto al mondo delle imprese non finanziarie. In tal modo la crisi finanziaria è divenuta crisi dell’economia reale dell’economia statunitense e, data l’elevata connessione internazionale dei mercati reali e, ancor di più, dei mercati dei capitali, la crisi iniziata negli Stati Uniti si è propagata a livello globale, in primo luogo in Europa, ed in particolar modo tra i paesi dell’Eurozona.

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