Unione Europea, Regno Unito, Stati Uniti: una settimana spartiacque per la geopolitica

Dunque, venerdi 20 gli Stati Uniti avranno un nuovo presidente, e sarebbe stato bene scrivere un pezzo su questo, in particolare su cosa ci si possa aspettare dal discorso inaugurale durante il quale, si presume, il nuovo presidente farà annunci di indirizzo politico in tema di economia, integrazione, alleanze internazionali, ecc. Cosa aspettarsi? In particolare, che cosa aspettarsi sul piano dei rapporti economici internazionali, delle alleanze, dei compromessi? Ma questo pezzo deve uscire giovedi 19, e quindi debbo scrivere di avvenimenti rilevanti ‘in preparazione’ dell’insediamento.  

Per fortuna martedi 17 la primo ministro del Regno Unito ha presentato pubblicamente le sue idee su come ella intenda il brexit, così che da pensare ne abbiamo. Dico che ‘per fortuna’ Theresa May ha scelto il giorno 17, perché ella ha chiarito alcuni dei tanti quesiti che avevamo su cosa intendesse per ‘brexit’, il che si incastra bene con quello che il presidente eletto US ha detto proprio in questi giorni su brexit ed UE. Si vedrà come questa terza settimana di gennaio 2017 rappresenti una settimana-spartiacque nel modo in cui ci eravamo abituati a funzionare a livello geopolitico. And it don’t look good to me.

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Brexit: può il tasso di cambio bastare a correggere gli ‘shock’ della Brexit?

di Daniele Langiu

Il 13 ottobre scorso il Professore Sdogati e io abbiamo scritto delle politiche del lavoro del governo UK e del primo effetto registrato sul mercato dei cambi: un evidente deprezzamento della sterlina rispetto al dollaro (da inizio anno la sterlina è diventata la seconda peggior valuta mondiale in termini di deprezzamento rispetto al dollaro). Avevamo inoltre riportato che qualcosa aveva cominciato a muoversi sul fronte dei prezzi: i grandi fornitori internazionali dei supermercati alimentari britannici hanno iniziato a chiedere aumenti sostanziali dei prezzi per neutralizzare, almeno in parte, il deprezzamento della sterlina. È del 24 ottobre scorso, la notizia che anche alcune società tecnologiche hanno deciso di aumentare i prezzi dei servizi che offrono, a fronte del forte deprezzamento della sterlina; il Financial Times riporta che Dell e Apple hanno confermato un aumento dei prezzi del 10%, che è stato trasferito ai distributori di prodotti elettronici. Aspetto interessante è che i direttori delle società tecnologiche si sono ‘lamentati’ dell’aumento dei costi lungo la ‘supply chain’.

In questo articolo voglio mostrare quanto le imprese del Regno Unito ‘partecipino’ alle catene globali di produzione e, quindi, siano esposte anche agli effetti negativi del deprezzamento della sterlina, cioè all’aumento dei prezzi di materie prime e semilavorati importati.

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Labour Policies under the Brexit Regime

The Italian version was posted on 2016 10 13

Foreword

On the 23 June 2016 consultative referendum, 52% of votes went to the Brexit camp. A referendum is ‘consultative’ when it is meant to poll the voters and supply democratic institutions with the knowledge of the citizenry orientation on a particular subject. As such, a consultative referendum does not generate new legislation, whether through a further passage through the legislator or directly; nor it is a binding indication to the government to adopt actions or legislation in accord with the result of the referendum. It follows that Brexit was a choice of the Cameron Government. Everybody knows that Mr. Cameron, who had chosen to hold the referendum, has declined managing its aftermath. Mrs. Theresa May has taken over.

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May, la Brexit e la brutta piega delle politiche del lavoro in UK

di Daniele Langiu e Fabio Sdogati

Premessa

Il 23 giugno 2016, il 52% dei votanti al referendum consultivo tenutosi in Gran Bretagna espresse la preferenza di abbandonare l’Unione Europea. La caratteristica di un referendum consultivo è quella di ‘sentire’ il parere popolare circa una determinata questione politica (in questo caso sull’uscita o meno dall’Unione Europea). La richiesta di un parere tramite questo tipo di referendum non è legalmente vincolante alla decisione successiva che verrà presa dal Governo. Ebbene chi (Cameron) ha ‘pianificato’ il referendum, ha anche deciso di non farsi carico di assecondare (o contraddire) l’opinione della maggioranza dei votanti. La scelta è stata lasciata al governo guidato da Theresa May.

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A proposito di Apple, Irlanda, Regno unito, Brexit…..

Capita spesso che una cosa arcinota a chi studia l’economia internazionale, i modi di produrre e di scambiare, il divenire delle relazioni internazionali, salga improvvisamente alla ribalta della stampa quotidiana. L’attenzione dura qualche ora o al massimo qualche giorno, e poi la notizia ‘scompare’. Ma stavolta la notizia è veramente importante, e sarà bene dunque riprenderla e rifletterci sopra un poco. Che cosa è questa storia che la Commissione europea vuole che Apple paghi le tasse al governo irlandese, governo di un paese membro dell’Unione, tasse che il governo irlandese non vuole riscuotere!?

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Brexit: e adesso?

Commentiamo insieme la scelta della Gran Bretagna di uscire dall’Unione Europea. Discuteremo della Brexit sia dal lato delle cause che da quello degli effetti, con una sessione di domande, risposte e interventi sui seguenti temi:

  • Breve e lungo periodo
  • Crescita economica e distribuzione del reddito
  • Cultura e multiculturalità
  • Leadership britannica
  • Leadership europea
  • Mercati finanziari

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We take care of our own (B. Springsteen)

Scrivevo in un pezzo del 28 aprile scorso che il risultato del referendum era ovvio, e lasciavo anche intendere tra le righe che la vittoria sarebbe stata di dimensioni comparabili a quella ottenuto dal remain nel referendum del 1973, quando due terzi degli aventi diritto al voto si espressero a favore della permanenza. Di più: ieri, giovedi 23, ho scritto il pezzo che avrei pubblicato oggi, debitamente ‘ripulito’, a vittoria confermata. E adesso debbo scriverne un altro. Ben mi sta. Perché?

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Brexit? Ma no!

Preistoria

Correva l’anno 1973, e Danimarca, Irlanda e Regno Unito diventavano membri della Comunità Economica Europea (CEE, che non c’è più dal 31 dicembre 1992, ma bisogna dirlo perché molti non se ne sono ancora accorti). Soltanto due anni dopo la Gran Bretagna teneva il suo primo referendum di verifica sulla voglia di quel popolo di restare o meno nella CEE. La storia si ripete. Allora, ci ricorda Gavin Davies, che c’era , il quadro era ben diverso: esistevano le elites politiche, il popolino ubbidiva (‘egemonia’, direbbe Gramsci in tono più nobile)….e il risultato del referendum fu che due terzi dei votanti si espressero a favore dello status quo.

Questa breve premessa per dire due cose: che i britannici hanno sempre pensato che le tempeste sul canale della Manica isolano l’Europa, non loro; e che stavolta il clamore è tanto perché non ci sono più le elites politiche di un tempo. Ma la ciccia è la stessa, sostengo io, e il risultato del referendum pure. Come lo so? Perché il popolo votante è conservatore, perché il cambiamento lo impaurisce.

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