A proposito di Jackson Hole e di politiche per la crescita: ve lo diciamo da anni!

 

Ho scritto la prima parte di questo pezzo il 30 agosto, ma non ho potuto pubblicarlo prima di oggi, giorno in cui il governo degli Stati Uniti ha pubblicato i dati sui posti di lavoro in essere in quel paese nel mese di agosto. Ciò rende la parte previsiva del pezzo, quella finale, un poco datata, per cui ho deciso di pubblicarlo comunque con un post scriptum di oggi.

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Secular Stagnation, Negative Interest Rates, Irrelevance of The European Central Bank, Self-Inflicted Irrelevance of Governments….Helicopter Money for Europe?

It has been noted that the focus of macroeconomics has shifted dramatically after the results of the 2007 credit crunch have made themselves felt through recessions and stagnation: from ‘stabilization-around-a- positive-trend’ to resuming growth –or, at least, avoiding too hard and long a secular stagnation.

My starting point is that the 2007-2008 banking-cum-financial crisis shocked us into realizing that a huge difference had been building between ‘what it was’ and ‘what it will be’. More specifically, I argue that the pre-2007 high per capita income world of high rates of GDP growth, productivity increases, population expansion, government countercyclical policies, and shrinking income inequality, is, more likely than not, gone. Unfortunately, all those characteristics of the pre-2007 period were exactly the causes for growth. It follows that the post-2007 world has to be necessarily a world characterized by slower growth, increasing inequality, ageing population, slowing investment expenditure vis-à-vis increasing saving, and government consciously chosen impotence.

How long will it last? How costly will it be in terms of lost output and permanent fall in potential output?

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Sarà un dicembre importante per le politiche monetarie

Tassi di interesse negativi. Ne abbiamo scritto a maggio, quando il fenomeno venne all’attenzione del grande pubblico. È ora di tornarci sopra, perché il 3 dicembre prossimo il consiglio direttivo della BCE prenderà decisioni di politica monetaria potenzialmente importanti tra le quali, alcuni immaginano, quella di ridurre ulteriormente il tasso di interesse che paga sui depositi, tasso già ora negativo. Siccome poi queste decisioni condizioneranno, esplicitamente o meno, le decisioni che la FED prenderà il 16 dicembre circa il proprio tasso di sconto, è bene rivedere rapidamente questa storia del ‘tassi negativi’ per poter poi valutare bene gli effetti potenziali delle decisioni che ci aspettano in fine d’anno. Continue reading “Sarà un dicembre importante per le politiche monetarie”

Liquidità, liquidità e ancora liquidità

Ciò che ci si attendeva si è dunque puntualmente verificato: la banca centrale statunitense ha ridotto di 50 punti base il tasso atteso sui fondi federali, portandolo al 3%; e nella stessa seduta è stato deciso un taglio di 50 punti basi al tasso di sconto, sceso ora al 3,50%.

Frequenza e profondità di questi tagli sono del tutto inusuali. Perché così tanto, perché in così poco tempo? La prima risposta che viene in mente è che la banca centrale statunitense possieda informazioni sullo stato dell’economia statunitense che nessun altro possiede: è possibile, in altre parole, che la Fed sappia che i dati pubblicati ieri sul tasso di crescita del prodotto interno lordo siano non veri, e che effettivamente il paese sia in recessione già dall’ultimo trimestre del 2007, come ultimamente alcuni commentatori hanno affermato?

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Obama e la (ri)regolamentazione dell’alta finanza dopo la Grande Recessione

di Andrej Sokol

Mentre il Fondo Monetario Internazionale rivede al rialzo le proprie previsioni di crescita per l’economia mondiale, pur segnalandone la mancanza di omogeneità fra le principali aree economiche e la cruciale dipendenza dalle componenti pubbliche della domanda aggregata, gli ambienti politici ed economici sono ancora impegnati ad elaborare appieno il significato delle proposte di riforma del sistema finanziario avanzate dal Presidente degli Stati Uniti nella sua conferenza stampa del 21 gennaio scorso, in parte riprese anche nel discorso del 27 gennaio sullo Stato dell’Unione. Il contenuto economico di tali proposte e alcune considerazioni generali sulla loro possibile portata costituiscono l’oggetto del presente articolo.

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La Fed esce di scena: il pacchetto fiscale del nuovo governo americano

di Fabio Sdogati e Andrej Sokol

L’otto gennaio scorso, a meno di due settimane dal suo insediamento, il Presidente Eletto degli Stati Uniti Barack Obama ha delineato le principali caratteristiche del American Recovery and Reinvestment Plan, il pacchetto di stimolo fiscale con cui la nuova amministrazione intende contrastare la recessione dell’economia americana, creando o salvando almeno tre milioni di posti di lavoro entro la fine del 2010. Appena due giorni dopo, Christina Romer, la futura direttrice del Council of Economic Advisers, e Jared Bernstein, membro dell’ufficio del Vice-Presidente Eletto, hanno pubblicato un’analisi preliminare degli effetti stimati di un tale piano di politica fiscale sull’occupazione.

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